Open Innovation in Architettura: Una nuova pratica collaborativa

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Open Innovation in Architettura: Una nuova pratica collaborativa

L'Architettura, e in modo maggiore anche l'edilizia, è uno dei settori più resilienti all'innovazione tecnologica. Non possiamo più permetterci di restare a guardare.

Innovazione, Servizi 4.0, BIM, Restituzione

di Nicola Tasselli Arch. PhD.

In 30 secondi

L’Open Innovation (OI) rappresenta un cambio di paradigma significativo anche nel campo dell’architettura. Questo approccio, che va oltre i confini tradizionali dello studio professionale, promuove la collaborazione con attori esterni per stimolare la creatività, l’efficienza e la risoluzione di problemi complessi. L’implementazione dell’OI può rivoluzionare i processi di progettazione, costruzione e gestione, portando a soluzioni più innovative e sostenibili.

Nel testo poi ti spiego meglio.

L’Open Innovation nella pratica architettonica

L’Open Innovation (OI), concettualizzata da Henry Chesbrough, si riferisce alla strategia aziendale che implica l’apertura dei processi di innovazione al mondo esterno. Tradizionalmente, gli studi di architettura hanno operato in un modello prevalentemente “chiuso”, basato su competenze interne e su una rete consolidata di collaboratori. Tuttavia, la crescente complessità dei progetti, la necessità di affrontare sfide globali come la sostenibilità e la digitalizzazione, e la rapida evoluzione delle tecnologie, spingono verso un approccio più aperto e inclusivo.

L’implementazione dell’OI in architettura può manifestarsi in diverse forme:

  • Co-creazione con il cliente: I clienti non sono più solo committenti passivi, ma possono diventare partner attivi nel processo di progettazione. Attraverso workshop partecipativi, piattaforme digitali per la raccolta di feedback e l’uso di strumenti di visualizzazione avanzati, è possibile integrare le loro esigenze e visioni fin dalle prime fasi, portando a soluzioni più aderenti e innovative.
  • Collaborazione interdisciplinare ampliata: L’architettura è per sua natura interdisciplinare, ma l’OI estende questa collaborazione oltre i tradizionali ingegneri strutturisti o impiantisti. Si apre a specialisti di campi diversi come sociologi, esperti di intelligenza artificiale, scienziati dei materiali, psicologi ambientali, artisti e persino start-up tecnologiche. Questa fusione di competenze permette di affrontare problemi complessi da prospettive multiple, generando soluzioni ibride e originali.
  • Utilizzo di piattaforme e concorsi di design: L’OI può avvalersi di piattaforme online per lanciare sfide di design aperte (crowdsourcing), invitando professionisti, studenti o anche il pubblico a proporre idee e soluzioni. I concorsi di architettura, se ben strutturati, sono una forma consolidata di OI, permettendo di attingere a un vasto pool di talenti e di idee che altrimenti rimarrebbero inesplorate.
  • Licensing di brevetti e tecnologie esterne: Gli studi possono integrare nei loro progetti tecnologie, materiali o processi innovativi sviluppati da altre aziende o centri di ricerca, senza doverli necessariamente sviluppare internamente. Questo riduce i costi di R&S e accelera l’adozione di soluzioni all’avanguardia.
  • Spin-off e joint venture: La collaborazione può evolversi in joint venture con altre aziende (es. imprese di costruzione, sviluppatori immobiliari, aziende tecnologiche) per lo sviluppo congiunto di nuovi prodotti o servizi, o per la creazione di spin-off che portino sul mercato soluzioni innovative nate all’interno dello studio.

L’adozione dell’OI richiede un cambiamento culturale all’interno degli studi, passando da una mentalità di “controllo” a una di “condivisione”. Ciò implica la disponibilità a esporre idee in fase embrionale, a gestire la proprietà intellettuale in modo flessibile e a costruire fiducia con i partner esterni. La digitalizzazione gioca un ruolo chiave, fornendo gli strumenti (BIM, piattaforme collaborative, realtà virtuale/aumentata) per facilitare questa apertura e lo scambio di informazioni.

Conclusioni

L’Open Innovation non è solo una tendenza, ma una necessità strategica per gli studi di architettura che desiderano rimanere competitivi e rilevanti in un mondo in continua evoluzione. Abbracciando la collaborazione esterna, i professionisti possono accedere a un bacino di conoscenze e competenze molto più ampio, stimolare l’innovazione, ottimizzare i processi, ridurre i rischi e creare progetti con un valore aggiunto superiore. Integrare l’OI significa preparare la pratica architettonica alle sfide del futuro, rendendola più resiliente, adattabile e capace di generare un impatto significativo.

Riferimenti bibliografici per approfondire

  1. Chesbrough, H. W. (2003). Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology. Harvard Business School Press. (Testo fondamentale sulla teoria dell’Open Innovation).
  2. von Hippel, E. (2005). Democratizing Innovation. MIT Press. (Approfondisce il ruolo degli utenti nell’innovazione).
  3. Lakhani, K. R., & Panetta, J. A. (2007). The Principles of Distributed Innovation. Innovations: Technology, Governance, Globalization, 2(3), 17-31. (Spiega come l’innovazione possa essere distribuita).
  4. Whyte, J., & Lobo, T. (2010). Open innovation in construction. Engineering, Construction and Architectural Management, 17(3), 226-239. (Specifico sull’applicazione dell’OI nel settore delle costruzioni).
  5. Reichstein, T., & Salter, A. (2006). The effects of codification on the adoption of open innovation practices. Technovation, 26(3), 365-380. (Analizza gli impatti della codificazione sulla diffusione delle pratiche di OI).
  6. Pietroforte, R., & Perin, P. (2020). Open Innovation in Architecture, Engineering, and Construction (AEC) Sector: A Systematic Literature Review. Journal of Management in Engineering, 36(6), 04020076. (Una revisione sistematica della letteratura sull’OI nel settore AEC).

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